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Music theory book

Il linguaggio musicale

1.1 Le note

Nel processo di sviluppo della musica, la prima esigenza fondamentale del musicista fu di selezionare tra gli infiniti suoni una serie limitata da usare nella pratica.
Di qui la codificazione e la nascita dei nomi delle note:

do re mi fa sol la si

Sulla tastiera del pianoforte esse sono così distribuite
Tastiera in cui appaiono due ottave. Primo do 261 Hz, secondo Do 522 Hz, terzo do 1044 Hz


1.2 L'ottava

Le note musicali sulla tastiera del pianoforte sono ordinate dalla più grave alla più acuta, da sinistra verso destra.
Se considerianio un tasto che produce la nota do e il suo omonimo, posto otto tasti più in alto, otteniamo un intervallo che si chiama ottava. Tale intervallo é la distanza che intercorre tra due suoni che hanno nomi uguali, ma frequenza una doppia dell'altra. Perciò se il primo do considerato ha frequenza pari a 261 Hz, il secondo avra frequenza doppia, cioè 522 Hz. Il do successivo avrà frequenza uguale a 1044 Hz e così di seguito. L'intervallo di ottava è universalmente riconosciuto come la "distanza" più facile da intonare poiché al nostro orecchio i due suoni che lo compongono risultano simili.
In periodi e culture diverse, l'ottava fu suddivisa in vari modi: i Cinesi, ad esempio, la suddivisero in cinque parti, gli Arabi in diciassette e, a tutt'oggi, nella cultura occidentale, essa è ripartita in dodici suoni e la distanza che intercorre tra un suono ed il successivo si chiama semitono (1).


1.3 II semitono.

Il semitono è il più piccolo intervallo utilizzato nella musica tradizionate classica occidentale. I tasti del pianoforte sono tutti intonati a distanza di semitono; la somma di due semitoni è pari ad un tono.
Tastiera in cui si evidenzia che  un tasto nero può essere chiamato in due modi diversi: fa diesis oppure sol bemolle

Su di una tastiera i tasti neri, quelli cioè sporgenti, vengono chiamati con il nome del tasto bianco più vicino con l'indicazione di diesis o bemolle. Prendiamo in considerazione il tasto nero più vicino al tasto "Do". Esso può essere chiamato do diesis oppure re bemolle a seconda che si consideri in ascesa (da sinistra verso destra) o in discesa. I due suoni che hanno nome diverso, ma che corrispondono allo stesso suono vengono chiamati suoni omofoni oppure enarmonici.
Si distinguono due tipi di semitono:

  1. cromatico quando tutte e due le note formanti il semitono sono una l’alterazione dell’altra e perciò hanno lo stesso nome. Esempio do e do diesis;
  2. diatonico quando le due note formanti il semitono sono di diverso nome. Esempio mi e fa oppure la e si bemolle.

3.4 Il pentagramma

Nella stampa in nero le note musicali vengono rappresentate con dei cerchietti circolari posti sul pentagramma. (2) Il pentagramma è un insieme di cinque linee orizzontali e quattro spazi interlineari.
appare un pentagramma composta tra 5 linee e quattro spazi. La linea più in basso è chiamata primo rigo. Lo spazio più in basso è chiamato primo spazio

Le note musicali vengono scritte sia sulle righe che tra gli spazi. Ma anche sopra o sotto il pentagramma aggiungendo ai cerchietti dei tagli addizionali.
La serie Brialle (Link)


1.5 La chiave

All'inizio del pentagramma, a sinistra, è posta la chiave. Essa é un simbolo che identifica una delle cinque linee con il nome di una nota, la quale è il punto di riferimento per tutte le altre.
Nel nostro sistema si usano tre tipi di chiavi (3):

chiave di sol chiave di Sol
chiave di fa Chiave di fa
chiave di do Chiave di do

Il loro nome deriva dal nome della nota che tali chiavi identificano.
L'insieme delle sette chiavi forma il setticlavio.

La chiave di sol (detta anche di violino) si pone sulla seconda linea del pentagramma e solo su quella.
Chiave di do in posizione di soprano

chiave di sol sulla seconda linea

La chiave di do si pone sulla prima linea per il soprano (4).
Chiave di do in posizione di soprano

chiave di do sulla prima linea

La chiave di do si pone sulla seconda linea per il mezzo soprano.
Chiave di do in posizione di mezzo soprano

chiave di do sulla seconda linea

La chiave di do si pone sulla terza linea per il contralto.
Chiave di do in posizione di contralto

chiave di do sulla terza linea

La chiave di do si pone sulla quarta linea per il tenore.
Chiave di do in posizione di tenore

chiave di do sulla quarta linea

La chiave di do si pone sulla quinta linea per il baritono.
Chiave di do in posizione di baritono

chiave di do sulla quinta linea

La chiave di fa si pone sulla terza linea per il baritono (5)
Chiave di fa in posizione di baritono

chiave di fa sulla terza linea

La chiave di fa si pone sulla quarta linea per il basso.
Chiave di fa in posizione di basso

chiave di fa sulla quarta linea

Il braille e le chiavi

La chiave di do posta tra due pentagrammi si chiama chiave unica di do ed indica la lettura delle note segnate nel pentagramma superiore in chiave di sol e delle note segnate sul pentagramma inferiore nella chiave di fa
Doppio pentagramma con chiave  di do posta in mezzo
Le note possono essere scritte anche fuori dal pentagramma , ma in questo caso devono essere accompagnate da tagli addizionali che sono segni che indicano linee immaginarie.
In alcuni casi, per non rendere troppo difficile la lettura a causa dei troppi tagli., si ricorre all'indicazione "ottava sopra" oppure "ottava sotto"

ottava sopra e ottava sotto
Esistono delle convenzioni per differenziare le note rispetto all'ottava di appartenenza. La più comune consiste nel numerare progressivamente le ottave, partendo dalla nota do, dalla più bassa presente sulla tastiera del pianofrote, indice zero (0) fino alla più acuta. Ogni nota viene distinta con il numero corripondente all'ottava di appartenenza posto come apice. Il do centrale corrisponde alla quarta ottava ed è indicarto come DO3. Il la del diapason di 440Hz è indicato come LA3.


1.6 La Tessitura

La partitura può essere semplice, doppia, tripla. Ciò dipende dalla tessitura dello strumento, cioè dalla sua estensione. Il pianoforte, per esempio, necessita solitamente di due righi musicali, l'organo di tre, per il flauto è sufficiente un solo rigo. Una partitura orchestrale contiene più righi che variano a seconda del numero degli strumenti o delle voci.
Il braille e le parti

(1) La moderna notazione non è frutto dell'invenzione del singolo, na piuttosto di una lunga elaborazione collettiva, sviluppatasi nell'arco dei secoli, da parte di vari popoli, tra i quali principalmente quello greco. Questo per primo fece uso delle lettere dell'allabeto. fenicio e ionico per indicare rispettivamente la musica strumentale e vocale. I Romani, più tardi, sostituirono le lettere greche con quelle latine e Oddone di Cuny (IX - X sec.) fece coincidere i modeno LA con la lettera A del nostro alfabeto. Questo spiega perchè ancora oggi, in alcuni paesi come la Germania e l'Inghilterra. si usa chiamare le note musicali con le lettere dell'alfabeto.
La serie DO. RE, MI. FA. SOL, LA. SI corrisponde a: C. D, E. F G, A, B.
La serie DO, RE, Ml, FA, SOL, LA, SI nasce più tardi per opera di Guido d'Arezzo. Questi escogitò un aiuto nnemonico per i cantanti. servendosi della prima strofa dell’inno di S. Giovanni di Paolo Diacono, utilizzando le prime sillabe di ciascun verso:
Ut queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum
Solve polluti
Labii reatum
Sancte Joannis
L'UT iniziale che a tutt'oggi è utilizzato in Francia si trasformò in Italia in DO ad opera ed in onore di un teorico fiorentino: GiovanniBattista Doni (1594 -1647).

(2) Anticamente non vi era l'esigenza di scrivere musica per l’esecutore: spesso il compositore era anche l'interprete. La composizione, se interessante, veniva tramandata "ad orecchio” e venivano posti sopra il testo dei segni che non erano altro che degli accorgimenti mnemonici per il cantante o lo strumentista.
Ciò crea oggigiorno delle grosse difficoltà nell’interpretare alcuni documenti, poiché ogni scuola ed ogni musicista aveva modi diversi di notazione, a seconda delle proprie esigenze musicali.
Il nostro moderno sistema di notazione musicale viene definito diastematico poiché fa uso del rigo musicale (diastenia = spazio). L'antica scrittura musicale viene chiamata adiastematica o a campo aperto perché non fa uso di alcuna riga di riferimento, ma pone dei segni liberamente sopra il testo.
L'introduzione e lo sviluppo del rigo musicale è attribuita a Guido d'Arezzo il quale fu tra i primi a tracciare sopra il testo una riga a secco (senza inchiostro) lungo la quale, sopra o sotto, vennero riportati i segni (neumi) che davano le indicazioni melodiche.
Più tardi il rigomusicale si ampliò con nuove linee, fino a quattro, a volte colorate con inchiostri diversi per determinare note ben precise. Di qui la nascita del tetragramma (rigo di quattro linee) che ancora oggi viene usato nella lettura cd interpretazione della musica gregoriana.

(3) Le tre chiavi usate nel nostro sistema sono segni che inizialmente simboleggiavano le lettere dell'alfabeto latino e, come anche oggi avviene, esse determinavano anche il nome della nota sulla linea sulla quale erano segnate. La chiave di sol deriva dalla lettera G; la chiave di fa deriva dalla lettera F; la chiave di do deriva dalla lettera C.

(4) Soprano, mezzo soprano, contralto, tenore, baritono e basso sono termini che indicano in ordine, dall'acuto al grave, i registri in cui è stata divisa la voce umana . L'adozione del setticlavio nasce dall'esigenza di evitare di scrivere le note fuori pentagramma.

(5) Alcuni autori segnano la voce di baritono con la chiave di DO (5° linea).

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